INCENERITORI ED EFFETTO SERRA Il contributo degli inceneritori alla produzione di gas climalterante con effetto serra

INCENERITORI ED EFFETTO SERRA
Il contributo degli inceneritori  alla produzione di gas climalterante con effetto serra

Sintesi
Secondo i dati ISPRA già oggi gli inceneritori emettono CO2 di origine fossile per kWh netta prodotta in misura pari al 220% rispetto alle emissioni del mix energetico nazionale. Mentre le emissioni di quest'ultimo continuano nella loro pronunciata discesa, gli inceneritori non mostrano altrettanta capacità, per cui il gap già elevato è destinato ad ampliarsi. 
Questo dimostra che gli inceneritori non sono assolutamente più una alternativa alle fonti fossili nella produzione di energia, e ancor meno rispetto alle prospettive a medio-lungo termine di emissioni del mix energetico nazionale, ma, anche se la quota di energia prodotta dagli inceneritori è bassa, costituiscono comunque, come tutti gli impianti con emissioni superiori al mix energetico nazionale, una palla al piede rispetto agli obiettivi europei di azzerare le emissioni entro il 2050.
Non appaiono più neanche una valida alternativa rispetto alle discariche dato che con la stabilizzazione obbligatoria del RUR e la captazione del biogas le emissioni di CO2 equivalente derivanti dalla produzione di biogas non sembrano colmare il divario.
Occorre mettere in campo da subito una exit strategy dall'incenerimento che veda la loro chiusura anticipatamente e comunque non oltre la fine degli ammortamenti degli investimenti già eseguiti, e che metta in campo tecnologie e metodologie di gestione dei rifiuti alternative più efficienti, tanto più in considerazione del trend di riduzione dei rifiuti urbani da smaltire.

Relazione
Per dimostrare che l'incenerimento ha una funzione ambientale positiva si è sempre affermato che tale pratica permette una riduzione delle emissioni di gas climalteranti, usando uno o più dei seguenti argomenti:
·     L’energia prodotta da RU è “rinnovabile” (oppure)
·     Pur essendo solo parzialmente rinnovabile, sostituisce fonti fossili (oppure) le emissioni di CO2 di origine fossile derivanti dall'incenerimento per unità di energia prodotta sarebbero inferiori a quelli emesse dalle altre fonti di energia. 
Tralasciando la prima affermazione, palesemente inconsistente ad uno scrutinio scientifico, esaminiamo le altre due. Chi afferma questo normalmente prende a riferimento tre parametri obsoleti. Infatti il confronto viene fatto:
  • con i combustibili fossili e non col mix energetico nazionale di produzione di energia; e/o
  • prendendo in considerazione la produzione di energia lorda e non quella netta; e/o
  • aggiungendo al risparmio di CO2 equivalente anche l'effetto equivalente delle tradizionali emissioni di metano dalle discariche.
Oggi il confronto va fatto non solo rispetto all'attuale mix energetico nazionale per unità netta di energia prodotta, ma soprattutto rispetto alle prospettive a medio-lungo termine di emissioni del mix energetico nazionale.
In effetti, la decarbonizzazione in corso della produzione energetica, processo unidirezionale e con obiettivi dichiarati e condivisi a livello UE, comporta produzioni specifiche di gas climalteranti per kWh prodotto sempre più basse. 
Dalle dichiarazioni ambientali dei gestori degli 8 inceneritori per rifiuti urbani presenti nel 2018 in Emilia Romagna, di cui 4 con sola produzione di energia elettrica e 4 con produzione di energia elettrica e termica, si ottiene un dato medio di CO2 totale emessa di 1.135,6 grammi per kWh lordo prodotto. Se prendiamo questo dato come riferimento le emissioni di CO2 degli inceneritori risultano nettamente superiori anche alle emissioni del carbone (884 grammi/kWh lordo).
Ma la CO2 emessa dagli inceneritori proviene dalla combustione sia di prodotti derivati dal petrolio (fossile) sia dalla combustione di sostanza organica (biogenica) derivante direttamente o indirettamente dalla fotosintesi.
La CO2 di derivazione biogenica viene indicata ad effetto neutro rispetto ai cambiamenti climatici perché restituisce all'atmosfera quella sottratta con la fotosintesi (Sul fatto che l'effetto sia effettivamente neutro sono stati sollevati molti dubbi a nostro avviso fondati). 
Ovviamente se l'atmosfera, come attualmente, ha già una sovrabbondanza di CO2, sarebbe più utile prevedere processi che sequestrino il carbonio senza reimmetterlo in atmosfera per ridurre l'effetto serra, come avviene in parte con la trasformazione della sostanza organica in compost utilizzato come ammendante dei terreni.
La CO2 di derivazione fossile produce un incremento di gas climalterante in atmosfera con aumento dell'effetto serra.
Nella dichiarazione ambientale dei gestori degli inceneritori non viene normalmente specificato quanta della CO2 emessa è di tipo fossile e quanta di tipo biogenica, lasciando intendere che quella biogenetica risulta superiore a quella fossile.
 
ISPRA (ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) certifica (ISPRA – Fattori emissione produzione e consumo elettricità 2019) che nel 2018 gli inceneritori in Italia hanno emesso 554,2 grammi di CO2 fossile per kWh lordo prodotto di energia combinata termica ed elettrica. Applicando questo dato agli inceneritori dell'Emilia Romagna si ottiene che del totale di CO2 emessa il 48,9% è fossile mentre il 51,1% (pari a 581,4 grammi) è biogenica.
Nello stesso anno (2018) le emissioni del mix energetico nazionale (ISPRA – Rapporti 203/2018 "Fattori di emissione di gas ad effetto serra nel settore elettrico nazionale e nei principali paesi Europei") per kWh lordo erano di 281,4 grammi, mentre quelle del comparto termoelettrico per i soli combustibili fossili era di 493,8 grammi.
Questa evidenza, che può apparire paradossale, è in realtà pienamente comprensibile laddove si ponga mente al fatto che gli inceneritori sono impianti poco efficienti rispetto alle centrali elettriche avendo un rendimento lordo, in termini di energia elettrica, attorno al 24%, rispetto al 44,8% delle centrali termoelettriche.
Ma ancor più gli inceneritori sono impianti fortemente energivori. Nei 4 impianti dell'Emilia Romagna con sola produzione di energia elettrica si ha un autoconsumo di energia pari al 22,7%, mentre negli altri 4 con produzione cogenerativa elettrica e termica l'autoconsumo scende al 16,0%. La media di autoconsumo è del 18,3%.
Dai dati ISPRA si apprende che l'autoconsumo per l'intero comparto degli impianti termoelettrici, comprendenti sia quelli con sola produzione elettrica sia quelli con produzione combinata è molto minore e pari al 4,7%.
Se si calcolano le emissioni degli inceneritori di CO2 totale per energia netta prodotta si ottengono 1.389 grammi per kWh netto prodotto, di cui  678 grammi di origine fossile ben oltre il doppio dei 295 del mix energetico nazionale. 
Per l'incenerimento la quota di CO2 biogenetica per kWh netto sale a 711 grammi, emissioni non presenti nel resto del comparto termoelettrico, a parte le centrali a biomasse.



Se il rifiuto residuo viene collocato in discarica senza alcun pretrattamento, dalla sostanza organica biogenica si producono nell'arco di 40 anni sostanze gassose (biogas). Tolta una piccola percentuale di altri gas, circa la metà del carbonio biogenico si trasforma in CO2 biogenica e l'altra metà in metano (CH4). Il metano è un gas con potere climalterante 34 volte superiore rispetto alla CO2, anche se meno persistente in atmosfera perché tende a degradarsi col tempo.
Senza alcun intervento le emissioni climalteranti delle discariche risulterebbero nettamente superiori alla CO2 fossile derivante dall'incenerimento. 
Oggi però le condizioni sono profondamente mutate, non solo perché circa l'80% del biogas viene captato per alimentare generatori elettrici o, in misura minore, eliminato in torcia, trasformando il metano in CO2 di origine biogenica e quindi considerato neutro sotto l'aspetto climalterante, ma soprattutto perché da alcuni anni è stato finalmente recepita la direttiva discariche 99/31 che impone: 

  1. la riduzione progressiva del rifiuto biodegradabile in discarica 
  2. il pretrattamento del rifiuto, che comporta, per il materiale non incenerito, la stabilizzazione della frazione organica prima dello smaltimento.
Per queste ragioni la produzione di biogas dai nuovi rifiuti smaltiti risulta fortemente ridotta, in modo tale, a nostro avviso,  da non poter colmare il divario esistente fra emissioni degli inceneritori ed emissioni del mix energetico nazionale.
Da un'analisi di 195 campioni di RUR (Rifiuto Urbano Residuo) condotta da ARPAE (Nostra elaborazione su documentazione ARPAE) dell'Emilia Romagna tra il 2015 e il 2017 risulta una presenza di rifiuti di origine fossile (plastiche varie, quota parte di tessili, di prodotti assorbenti per l'igiene e altre frazioni minori) pari al 23,8% su 276 kg pro-capite di RUR in caso di raccolta prevalentemente stradale, e una quota del 31% su 128 kg pro-capite in caso di una raccolta prevalentemente porta a porta con una media del 25,1% su 227 kg di RUR (La componente fossile risulta mediamente pari al 35% dei solidi volatili.)

Questi dati indicano che più aumenta la raccolta differenziata e diminuisce il RUR pro-capite prodotto, più in esso si concentrano le plastiche. I dati di presenza di plastiche emersi in Emilia Romagna sono superiori a quanto normalmente indica la media nazionale e a quanto indicano i gestori (14-19%) per correlarlo alle proprie emissioni di CO2 fossile.

Si ritiene pertanto che, più progredisce la raccolta differenziata, maggiori siano i quantitativi di emissione di CO2 di origine fossile (dunque non neutra dal punto di vista climalterante) per kg di RUR incenerito e per kWh prodotto, mentre con il trattamento di biostabilizzazione il carbonio di origine fossile rimane “sequestrato” in discarica, e non immesso in atmosfera. È possibile che già oggi il dato di materiale di origine fossile sia sottostimato, ma soprattutto la prospettiva è di una sempre maggiore incidenza della CO2 fossile sul totale della CO2 emessa dagli inceneritori per unità di rifiuti trattato.
Ma anche prendendo come riferimento i dati nazionali appare evidente l'insostenibilità ambientale dell'uso degli inceneritori come strumenti di produzione energetica. Gli inceneritori appaiono impianti energetici sempre più obsoleti, inefficienti, a basso rendimento ed energivori e con scarsissima suscettibilità di miglioramento. 
L'obiettivo dell'Unione Europea è di azzerare le emissioni di CO2 fossile entro il 2050. Il trend di emissioni del mix energetico italiano è in forte e costante decrescita. Nel 1990 (ISPRA – Rapporti 317/2020 "Fattori di emissione di gas ad effetto serra nel settore elettrico nazionale e nei principali paesi Europei") era di 576,9 grammi/kWh lordo. Nel 2018, dopo 28 anni era quasi dimezzato a 281,4 grammi. La linea di tendenza di questo trend porta all'azzeramento prima della data dell'obiettivo.
Per poter centrare l'obiettivo occorre programmare l'abbandono non solo delle fonti e degli impianti che producono emissioni oltre il mix energetico attuale, ma rivolgersi a fonti ed impianti che assicurino di rimanere sempre sotto il trend di decrescita delle emissioni, avendo come riferimento, come indica la UE, non la situazione attuale, ma l'obiettivo di emissioni dell'anno di fine ammortamento dell'impianto. 
Poiché normalmente il tempo di ammortamento degli impianti è calcolato in 20 anni, un qualsiasi impianto che entra in funzione oggi, nel 2020 deve garantire emissioni di CO2 fossile non superiori a quelle previste nel 2040, quindi sotto i 100 grammi per kWh prodotta.
Confrontando il trend di calo di emissioni di CO2 fossile del mix energetico nazionale dal 2010 al 2018, pari a meno 26%, con quello minore degli inceneritori pari a meno 16%, si constata che il divario aumenta. 
Il calo degli inceneritori è dovuto soprattutto al passaggio da sola produzione elettrica a produzione combinata di elettricità e calore, per cui i margini di miglioramento tendono ad esaurirsi, come dimostra la curva che tende ad appiattirsi negli ultimi anni.



Gli inceneritori già oggi non solo producono emissioni maggiori di oltre il 100% rispetto all'energia netta prodotta, ma danno anche la garanzia di peggiorare la situazione rispetto al trend, una vera palla al piede alla lotta ai cambiamenti climatici.
Occorre quindi mettere in campo da subito una exit strategy dall'incenerimento che veda la loro chiusura anticipatamente e comunque non oltre la fine degli ammortamenti degli investimenti già eseguiti, e che metta in campo tecnologie e metodologie di gestione dei rifiuti alternative più efficienti, tanto più in considerazione del trend di riduzione dei rifiuti urbani da smaltire.

Conclusioni
Il contributo dell'incenerimento dei rifiuti nella produzione nazionale di energia, sebbene assai limitato, è stato finora indicato come una alternativa alla produzione tradizionale di energia che permette una riduzione delle emissioni di gas climalterante.
Oggi, viceversa, grazie al dimezzamento delle emissioni del mix energetico nazionale, l'incenerimento dei rifiuti contribuisce, assieme ai combustibili fossili, al peggioramento dell'effetto serra, allontanando l'obiettivo europeo di azzerare le emissioni al 2050, obiettivo che potrà essere raggiunto solo se verranno eliminate nei tempi richiesti tutte le fonti maggiormante emissive sostituendole con fonti non emissive.
D'altra parte il recupero energetico finora è stato l'argomento principale che ha collocato l'incenerimento su un gradino superiore rispetto alla discarica. Con quanto esposto questo argomento sembra ormai venuto meno.
Anche la combustione del rifiuto come alternativa al collocamento in discarica per eliminare la dispersione di metano (quale gas fortemente climalterante) che si origina in discarica dai rifiuti organici sottoposti ad ambiente anaerobico, appare superata con le nuove pratiche definitivamente introdotte di biostabilizzazione e di captazione del biogas a fini energetici.
In un contesto ormai profondamente modificato anche rispetto a pochi anni addietro, gli assunti del passato vanno rimessi in discussione e rivisti sulla base delle nuove condizioni per verificare se quel gradino di differenza fra incenerimento e discarica esista ancora o sia venuto meno come i dati esposti indicano.
Ma il tutto va rivisto in base all'evoluzione della produzione e gestione dei rifiuti, del calo sempre più marcato del residuo da smaltire e della sua composizione, alla continua evoluzione delle tecnologie che oggi permettono sia di ampliare e riciclare la gamma delle frazioni differenziate raccolte, ma anche di trattare diversamente il rifiuto residuo e gli scarti delle raccolte differenziate, per cui l'alternativa non è più fra discarica e inceneritore, ma fra questi strumenti e altri stumenti emersi o che stanno emergendo.

In tutti i casi la verifica delle emissioni climalteranti degli inceneritori  che abbiamo riportato in confronto con l'insieme dei risultati delle altre fonte energetiche, ma soprattutto rispetto alle prospettive a medio-lungo termine di emissioni del mix energetico nazionale, ci dicono che l'incenerimento dei rifiuti uno strumento ormai superato e diventato dannoso, che  non può più avere un alcun futuro ma solo essere oggetto di una exit strategy assieme all'approfondimento delle  alternative (vedi nota a fondo pagina) già in essere che possono sostituirlo.

Comitato Scientifico Rete Rifiuti Zero E.R



Nota: le alternative che verranno descritte in altre schede, si possono così sintetizzare: interventi a monte del trattamento attraverso il potenziamento delle azioni di riduzione dei rifiuti, il prolungamento della vita utile dei beni, l'ampliamento delle frazioni differenziate raccolte e il loro riciclaggio, l'applicazione dei più performanti sistemi di raccolta sia sotto l'aspetto quantitativo che sotto quello qualitativo per rendere minimo sia il RUR che gli scarti delle frazioni differenziate. Interventi sul trattamento con la selezione del RUR ai fini dell'ulteriore intercettazione di materiali riciclabile e la biostabilizzazione delle frazioni organiche fino a bassi indici respirometrici, con utilizzo alternativo del biostabilizzato. Interventi sulla produzione dei beni sulla base dell'analisi del rifiuto residuo per eliminare qualsiasi prodotto non riusabile o non riciclabile.