INCENERITORI ED EFFETTO SERRA Il contributo degli inceneritori alla produzione di gas climalterante con effetto serra

INCENERITORI ED EFFETTO SERRA
Il contributo degli inceneritori  alla produzione di gas climalterante con effetto serra

Sintesi
Secondo i dati ISPRA già oggi gli inceneritori emettono CO2 di origine fossile per kWh netta prodotta in misura pari al 220% rispetto alle emissioni del mix energetico nazionale. Mentre le emissioni di quest'ultimo continuano nella loro pronunciata discesa, gli inceneritori non mostrano altrettanta capacità, per cui il gap già elevato è destinato ad ampliarsi. 
Questo dimostra che gli inceneritori non sono assolutamente più una alternativa alle fonti fossili nella produzione di energia, e ancor meno rispetto alle prospettive a medio-lungo termine di emissioni del mix energetico nazionale, ma, anche se la quota di energia prodotta dagli inceneritori è bassa, costituiscono comunque, come tutti gli impianti con emissioni superiori al mix energetico nazionale, una palla al piede rispetto agli obiettivi europei di azzerare le emissioni entro il 2050.
Non appaiono più neanche una valida alternativa rispetto alle discariche dato che con la stabilizzazione obbligatoria del RUR e la captazione del biogas le emissioni di CO2 equivalente derivanti dalla produzione di biogas non sembrano colmare il divario.
Occorre mettere in campo da subito una exit strategy dall'incenerimento che veda la loro chiusura anticipatamente e comunque non oltre la fine degli ammortamenti degli investimenti già eseguiti, e che metta in campo tecnologie e metodologie di gestione dei rifiuti alternative più efficienti, tanto più in considerazione del trend di riduzione dei rifiuti urbani da smaltire.

Relazione
Per dimostrare che l'incenerimento ha una funzione ambientale positiva si è sempre affermato che tale pratica permette una riduzione delle emissioni di gas climalteranti, usando uno o più dei seguenti argomenti:
·     L’energia prodotta da RU è “rinnovabile” (oppure)
·     Pur essendo solo parzialmente rinnovabile, sostituisce fonti fossili (oppure) le emissioni di CO2 di origine fossile derivanti dall'incenerimento per unità di energia prodotta sarebbero inferiori a quelli emesse dalle altre fonti di energia. 
Tralasciando la prima affermazione, palesemente inconsistente ad uno scrutinio scientifico, esaminiamo le altre due. Chi afferma questo normalmente prende a riferimento tre parametri obsoleti. Infatti il confronto viene fatto:
  • con i combustibili fossili e non col mix energetico nazionale di produzione di energia; e/o
  • prendendo in considerazione la produzione di energia lorda e non quella netta; e/o
  • aggiungendo al risparmio di CO2 equivalente anche l'effetto equivalente delle tradizionali emissioni di metano dalle discariche.
Oggi il confronto va fatto non solo rispetto all'attuale mix energetico nazionale per unità netta di energia prodotta, ma soprattutto rispetto alle prospettive a medio-lungo termine di emissioni del mix energetico nazionale.
In effetti, la decarbonizzazione in corso della produzione energetica, processo unidirezionale e con obiettivi dichiarati e condivisi a livello UE, comporta produzioni specifiche di gas climalteranti per kWh prodotto sempre più basse. 
Dalle dichiarazioni ambientali dei gestori degli 8 inceneritori per rifiuti urbani presenti nel 2018 in Emilia Romagna, di cui 4 con sola produzione di energia elettrica e 4 con produzione di energia elettrica e termica, si ottiene un dato medio di CO2 totale emessa di 1.135,6 grammi per kWh lordo prodotto. Se prendiamo questo dato come riferimento le emissioni di CO2 degli inceneritori risultano nettamente superiori anche alle emissioni del carbone (884 grammi/kWh lordo).
Ma la CO2 emessa dagli inceneritori proviene dalla combustione sia di prodotti derivati dal petrolio (fossile) sia dalla combustione di sostanza organica (biogenica) derivante direttamente o indirettamente dalla fotosintesi.
La CO2 di derivazione biogenica viene indicata ad effetto neutro rispetto ai cambiamenti climatici perché restituisce all'atmosfera quella sottratta con la fotosintesi (Sul fatto che l'effetto sia effettivamente neutro sono stati sollevati molti dubbi a nostro avviso fondati). 
Ovviamente se l'atmosfera, come attualmente, ha già una sovrabbondanza di CO2, sarebbe più utile prevedere processi che sequestrino il carbonio senza reimmetterlo in atmosfera per ridurre l'effetto serra, come avviene in parte con la trasformazione della sostanza organica in compost utilizzato come ammendante dei terreni.
La CO2 di derivazione fossile produce un incremento di gas climalterante in atmosfera con aumento dell'effetto serra.
Nella dichiarazione ambientale dei gestori degli inceneritori non viene normalmente specificato quanta della CO2 emessa è di tipo fossile e quanta di tipo biogenica, lasciando intendere che quella biogenetica risulta superiore a quella fossile.
 
ISPRA (ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) certifica (ISPRA – Fattori emissione produzione e consumo elettricità 2019) che nel 2018 gli inceneritori in Italia hanno emesso 554,2 grammi di CO2 fossile per kWh lordo prodotto di energia combinata termica ed elettrica. Applicando questo dato agli inceneritori dell'Emilia Romagna si ottiene che del totale di CO2 emessa il 48,9% è fossile mentre il 51,1% (pari a 581,4 grammi) è biogenica.
Nello stesso anno (2018) le emissioni del mix energetico nazionale (ISPRA – Rapporti 203/2018 "Fattori di emissione di gas ad effetto serra nel settore elettrico nazionale e nei principali paesi Europei") per kWh lordo erano di 281,4 grammi, mentre quelle del comparto termoelettrico per i soli combustibili fossili era di 493,8 grammi.
Questa evidenza, che può apparire paradossale, è in realtà pienamente comprensibile laddove si ponga mente al fatto che gli inceneritori sono impianti poco efficienti rispetto alle centrali elettriche avendo un rendimento lordo, in termini di energia elettrica, attorno al 24%, rispetto al 44,8% delle centrali termoelettriche.
Ma ancor più gli inceneritori sono impianti fortemente energivori. Nei 4 impianti dell'Emilia Romagna con sola produzione di energia elettrica si ha un autoconsumo di energia pari al 22,7%, mentre negli altri 4 con produzione cogenerativa elettrica e termica l'autoconsumo scende al 16,0%. La media di autoconsumo è del 18,3%.
Dai dati ISPRA si apprende che l'autoconsumo per l'intero comparto degli impianti termoelettrici, comprendenti sia quelli con sola produzione elettrica sia quelli con produzione combinata è molto minore e pari al 4,7%.
Se si calcolano le emissioni degli inceneritori di CO2 totale per energia netta prodotta si ottengono 1.389 grammi per kWh netto prodotto, di cui  678 grammi di origine fossile ben oltre il doppio dei 295 del mix energetico nazionale. 
Per l'incenerimento la quota di CO2 biogenetica per kWh netto sale a 711 grammi, emissioni non presenti nel resto del comparto termoelettrico, a parte le centrali a biomasse.



Se il rifiuto residuo viene collocato in discarica senza alcun pretrattamento, dalla sostanza organica biogenica si producono nell'arco di 40 anni sostanze gassose (biogas). Tolta una piccola percentuale di altri gas, circa la metà del carbonio biogenico si trasforma in CO2 biogenica e l'altra metà in metano (CH4). Il metano è un gas con potere climalterante 34 volte superiore rispetto alla CO2, anche se meno persistente in atmosfera perché tende a degradarsi col tempo.
Senza alcun intervento le emissioni climalteranti delle discariche risulterebbero nettamente superiori alla CO2 fossile derivante dall'incenerimento. 
Oggi però le condizioni sono profondamente mutate, non solo perché circa l'80% del biogas viene captato per alimentare generatori elettrici o, in misura minore, eliminato in torcia, trasformando il metano in CO2 di origine biogenica e quindi considerato neutro sotto l'aspetto climalterante, ma soprattutto perché da alcuni anni è stato finalmente recepita la direttiva discariche 99/31 che impone: 

  1. la riduzione progressiva del rifiuto biodegradabile in discarica 
  2. il pretrattamento del rifiuto, che comporta, per il materiale non incenerito, la stabilizzazione della frazione organica prima dello smaltimento.
Per queste ragioni la produzione di biogas dai nuovi rifiuti smaltiti risulta fortemente ridotta, in modo tale, a nostro avviso,  da non poter colmare il divario esistente fra emissioni degli inceneritori ed emissioni del mix energetico nazionale.
Da un'analisi di 195 campioni di RUR (Rifiuto Urbano Residuo) condotta da ARPAE (Nostra elaborazione su documentazione ARPAE) dell'Emilia Romagna tra il 2015 e il 2017 risulta una presenza di rifiuti di origine fossile (plastiche varie, quota parte di tessili, di prodotti assorbenti per l'igiene e altre frazioni minori) pari al 23,8% su 276 kg pro-capite di RUR in caso di raccolta prevalentemente stradale, e una quota del 31% su 128 kg pro-capite in caso di una raccolta prevalentemente porta a porta con una media del 25,1% su 227 kg di RUR (La componente fossile risulta mediamente pari al 35% dei solidi volatili.)

Questi dati indicano che più aumenta la raccolta differenziata e diminuisce il RUR pro-capite prodotto, più in esso si concentrano le plastiche. I dati di presenza di plastiche emersi in Emilia Romagna sono superiori a quanto normalmente indica la media nazionale e a quanto indicano i gestori (14-19%) per correlarlo alle proprie emissioni di CO2 fossile.

Si ritiene pertanto che, più progredisce la raccolta differenziata, maggiori siano i quantitativi di emissione di CO2 di origine fossile (dunque non neutra dal punto di vista climalterante) per kg di RUR incenerito e per kWh prodotto, mentre con il trattamento di biostabilizzazione il carbonio di origine fossile rimane “sequestrato” in discarica, e non immesso in atmosfera. È possibile che già oggi il dato di materiale di origine fossile sia sottostimato, ma soprattutto la prospettiva è di una sempre maggiore incidenza della CO2 fossile sul totale della CO2 emessa dagli inceneritori per unità di rifiuti trattato.
Ma anche prendendo come riferimento i dati nazionali appare evidente l'insostenibilità ambientale dell'uso degli inceneritori come strumenti di produzione energetica. Gli inceneritori appaiono impianti energetici sempre più obsoleti, inefficienti, a basso rendimento ed energivori e con scarsissima suscettibilità di miglioramento. 
L'obiettivo dell'Unione Europea è di azzerare le emissioni di CO2 fossile entro il 2050. Il trend di emissioni del mix energetico italiano è in forte e costante decrescita. Nel 1990 (ISPRA – Rapporti 317/2020 "Fattori di emissione di gas ad effetto serra nel settore elettrico nazionale e nei principali paesi Europei") era di 576,9 grammi/kWh lordo. Nel 2018, dopo 28 anni era quasi dimezzato a 281,4 grammi. La linea di tendenza di questo trend porta all'azzeramento prima della data dell'obiettivo.
Per poter centrare l'obiettivo occorre programmare l'abbandono non solo delle fonti e degli impianti che producono emissioni oltre il mix energetico attuale, ma rivolgersi a fonti ed impianti che assicurino di rimanere sempre sotto il trend di decrescita delle emissioni, avendo come riferimento, come indica la UE, non la situazione attuale, ma l'obiettivo di emissioni dell'anno di fine ammortamento dell'impianto. 
Poiché normalmente il tempo di ammortamento degli impianti è calcolato in 20 anni, un qualsiasi impianto che entra in funzione oggi, nel 2020 deve garantire emissioni di CO2 fossile non superiori a quelle previste nel 2040, quindi sotto i 100 grammi per kWh prodotta.
Confrontando il trend di calo di emissioni di CO2 fossile del mix energetico nazionale dal 2010 al 2018, pari a meno 26%, con quello minore degli inceneritori pari a meno 16%, si constata che il divario aumenta. 
Il calo degli inceneritori è dovuto soprattutto al passaggio da sola produzione elettrica a produzione combinata di elettricità e calore, per cui i margini di miglioramento tendono ad esaurirsi, come dimostra la curva che tende ad appiattirsi negli ultimi anni.



Gli inceneritori già oggi non solo producono emissioni maggiori di oltre il 100% rispetto all'energia netta prodotta, ma danno anche la garanzia di peggiorare la situazione rispetto al trend, una vera palla al piede alla lotta ai cambiamenti climatici.
Occorre quindi mettere in campo da subito una exit strategy dall'incenerimento che veda la loro chiusura anticipatamente e comunque non oltre la fine degli ammortamenti degli investimenti già eseguiti, e che metta in campo tecnologie e metodologie di gestione dei rifiuti alternative più efficienti, tanto più in considerazione del trend di riduzione dei rifiuti urbani da smaltire.

Conclusioni
Il contributo dell'incenerimento dei rifiuti nella produzione nazionale di energia, sebbene assai limitato, è stato finora indicato come una alternativa alla produzione tradizionale di energia che permette una riduzione delle emissioni di gas climalterante.
Oggi, viceversa, grazie al dimezzamento delle emissioni del mix energetico nazionale, l'incenerimento dei rifiuti contribuisce, assieme ai combustibili fossili, al peggioramento dell'effetto serra, allontanando l'obiettivo europeo di azzerare le emissioni al 2050, obiettivo che potrà essere raggiunto solo se verranno eliminate nei tempi richiesti tutte le fonti maggiormante emissive sostituendole con fonti non emissive.
D'altra parte il recupero energetico finora è stato l'argomento principale che ha collocato l'incenerimento su un gradino superiore rispetto alla discarica. Con quanto esposto questo argomento sembra ormai venuto meno.
Anche la combustione del rifiuto come alternativa al collocamento in discarica per eliminare la dispersione di metano (quale gas fortemente climalterante) che si origina in discarica dai rifiuti organici sottoposti ad ambiente anaerobico, appare superata con le nuove pratiche definitivamente introdotte di biostabilizzazione e di captazione del biogas a fini energetici.
In un contesto ormai profondamente modificato anche rispetto a pochi anni addietro, gli assunti del passato vanno rimessi in discussione e rivisti sulla base delle nuove condizioni per verificare se quel gradino di differenza fra incenerimento e discarica esista ancora o sia venuto meno come i dati esposti indicano.
Ma il tutto va rivisto in base all'evoluzione della produzione e gestione dei rifiuti, del calo sempre più marcato del residuo da smaltire e della sua composizione, alla continua evoluzione delle tecnologie che oggi permettono sia di ampliare e riciclare la gamma delle frazioni differenziate raccolte, ma anche di trattare diversamente il rifiuto residuo e gli scarti delle raccolte differenziate, per cui l'alternativa non è più fra discarica e inceneritore, ma fra questi strumenti e altri stumenti emersi o che stanno emergendo.

In tutti i casi la verifica delle emissioni climalteranti degli inceneritori  che abbiamo riportato in confronto con l'insieme dei risultati delle altre fonte energetiche, ma soprattutto rispetto alle prospettive a medio-lungo termine di emissioni del mix energetico nazionale, ci dicono che l'incenerimento dei rifiuti uno strumento ormai superato e diventato dannoso, che  non può più avere un alcun futuro ma solo essere oggetto di una exit strategy assieme all'approfondimento delle  alternative (vedi nota a fondo pagina) già in essere che possono sostituirlo.

Comitato Scientifico Rete Rifiuti Zero E.R



Nota: le alternative che verranno descritte in altre schede, si possono così sintetizzare: interventi a monte del trattamento attraverso il potenziamento delle azioni di riduzione dei rifiuti, il prolungamento della vita utile dei beni, l'ampliamento delle frazioni differenziate raccolte e il loro riciclaggio, l'applicazione dei più performanti sistemi di raccolta sia sotto l'aspetto quantitativo che sotto quello qualitativo per rendere minimo sia il RUR che gli scarti delle frazioni differenziate. Interventi sul trattamento con la selezione del RUR ai fini dell'ulteriore intercettazione di materiali riciclabile e la biostabilizzazione delle frazioni organiche fino a bassi indici respirometrici, con utilizzo alternativo del biostabilizzato. Interventi sulla produzione dei beni sulla base dell'analisi del rifiuto residuo per eliminare qualsiasi prodotto non riusabile o non riciclabile.
Lettera aperta ai leader globali: un pianeta sano per persone sane
Call to Action dal Planetary Emergency Partnership *: Emergere dall'Emergenza Planetaria e collaborare tra umanità e natura.

È giunto il momento di incanalare le nostre paure, costruire la speranza e guidare l'azione per rispondere alla crisi della salute umana, dell'economia, del clima e della biodiversità con soluzioni che costruiscano società resilienti a lungo termine.

Il mondo è sprofondato in una crisi straordinaria. Condividiamo una profonda preoccupazione per il costo umano che il virus ha già provocato ed esprimiamo un profondo senso di solidarietà con le comunità più vulnerabili, mentre la pandemia continua a diffondersi in tutto il mondo. 
La minaccia richiede risposte rapide e forti e noi sosteniamo pienamente le misure di emergenza necessarie per salvare il maggior numero possibile di vite umane e affrontare gli impatti devastanti sui mezzi di sostentamento e sulla sicurezza delle persone. Questa crisi sta anche dimostrando quanto dipendiamo l'uno dall'altro, come una sola umanità che vive su un unico pianeta, per i nostri sistemi sanitari, così come per i nostri sistemi alimentari e le nostre catene di approvvigionamento.

È importante riconoscere che il pianeta sta affrontando una crisi più profonda e a lungo termine, radicata in una serie di sfide globali interconnesse.
Le malattie infettive emergenti come l'Ebola, l'influenza aviaria, la SARS e ora il coronavirus (COVID-19) causano morti su larga scala, malattie e danni economici, perturbando le reti commerciali e di trasporto.
Circa il 70% di queste malattie ha origine negli animali (soprattutto nella fauna selvatica).
La loro comparsa deriva da attività umane come la deforestazione, l'espansione delle terre coltivate e l'aumento della caccia e del commercio di animali selvatici, attività che possono anche contribuire alla perdita di biodiversità.
Molti agenti patogeni rimangono da scoprire, quindi le malattie di cui siamo a conoscenza sono solo la punta dell'iceberg. Come Covid-19, il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e il collasso finanziario non osservano i confini nazionali o addirittura fisici.
Questi problemi possono essere gestiti solo attraverso un'azione collettiva che inizia molto prima che diventino crisi a pieno regime e devono essere affrontati non come singole minacce, ma come una potenziale serie di shock.

Covid-19 ci ha dimostrato che è possibile una trasformazione immediata. Un mondo diverso, un'economia diversa sta improvvisamente nascendo. Questa è un'opportunità senza precedenti per allontanarsi dalla crescita illimitata a tutti i costi e dalla vecchia economia dei combustibili fossili, e realizzare un equilibrio duraturo tra le persone, la prosperità e i nostri confini planetari.

Il modo in cui i leader decidono di stimolare l'economia in risposta alla crisi della corona amplificherà le minacce globali o le attenuerà, quindi devono scegliere con saggezza. Il rischio è quello di prendere decisioni miopi che aumentano le emissioni e continuano a distruggere la natura a lungo termine. D'altra parte, c'è l'opportunità di sostenere soluzioni che non solo ricostruiscano la vita e stimolino l'attività economica nell'immediata scia della crisi, ma accelerino anche la transizione verso economie resilienti, a basse emissioni di carbonio e società ricche di natura.

Sappiamo quali sono le soluzioni: investire nelle energie rinnovabili invece che nei combustibili fossili; investire nella natura e nella riforestazione; investire nei sistemi alimentari sostenibili e nell'agricoltura rigenerativa; passare a un'economia più locale, circolare e a basse emissioni di carbonio. Queste azioni positive possono anche essere una fonte di speranza e di ottimismo collettivo per la rigenerazione della vita in questi tempi incerti.

Chiediamo ai leader di avere il coraggio, la saggezza e la lungimiranza di cogliere l'opportunità di rendere i loro piani di ripresa economica veramente trasformativi investendo nelle persone, nella natura e nello sviluppo a basse emissioni di carbonio. Così facendo, essi contribuiranno a garantire un percorso verso l'azzeramento netto delle emissioni entro il 2050, a migliorare la salute globale, a ricostruire il nostro rapporto con la natura, a ripensare il modo in cui usiamo la nostra terra e a trasformare i nostri sistemi alimentari. I programmi di recupero non dovrebbero essere concepiti come biglietti gratuiti, ma piuttosto includere alcuni forti incentivi economici e condizioni che consentano alle aziende e alle industrie di passare a un modello di business circolare a basse emissioni di carbonio e di investire nella natura e nelle persone. Ora è il momento di eliminare gradualmente i combustibili fossili.

È altrettanto importante che il clima e la biodiversità rimangano in cima all'agenda nel 2020 e oltre, e che i leader sfruttino ogni opportunità per mantenere lo slancio su questi fronti. Occorre fare ogni sforzo per garantire che gli sforzi globali nell'ambito delle Nazioni Unite (Vertice sulla Natura dell'Assemblea generale dell'ONU, Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Convenzione ONU sulla diversità biologica) continuino a progredire. Dobbiamo ricordare che i Paesi sono più forti nel lavorare insieme e la cooperazione internazionale è la migliore opzione per risolvere le future minacce esistenziali.

Questo è il momento in cui tutti noi dobbiamo raccogliere la sfida di una leadership collaborativa e lavorare insieme per trovare le vie per uscire da questa emergenza con una ripresa economica globale. Le persone e la natura devono essere al centro di questa profonda trasformazione per la ridistribuzione, la rigenerazione e il ripristino. La prosperità per le persone e per il pianeta è possibile solo se prendiamo decisioni coraggiose oggi, in modo che le generazioni future possano sopravvivere e prosperare in un mondo migliore.
Il Piano di emergenza planetaria è un nuovo contributo al dibattito sull'emergenza, che riconosce l'inestricabile interconnessione delle tre sfide sopra menzionate e fornisce un nuovo approccio all'azione politica convenzionale a breve termine. Concretamente, combina l'attenzione alla protezione e al ripristino dei nostri Beni comuni globali con l'attuazione di una serie di trasformazioni economiche e sociali, per garantire la salute e il benessere a lungo termine delle persone e del pianeta. La proposta di Piano e Dichiarazione è stata lanciata con il WWF alla presenza di alcuni capi di Stato e di governo e ha ricevuto il sostegno di Austria, Bhutan, Repubblica Centrafricana, Costa Rica, Fiji, Monaco, Norvegia, Seychelles, Regno Unito, nonché del Primo Vicepresidente della Commissione Europea per l'European Green Deal, Frans Timmermans. La Planetary Emergency Partnership è una piattaforma globale di oltre 140 leader provenienti da governi, ONU, organizzazioni internazionali, imprese, società civile, movimenti giovanili, istituzioni scientifiche e accademiche. 
Il loro obiettivo comune è quello di assicurare il riconoscimento e la concomitante azione sull'emergenza planetaria - la convergenza delle disuguaglianze sociali globali, la crisi climatica e la vasta perdita di biodiversità. La piattaforma è nata da un piccolo gruppo di partner convocati dal Club di Roma per sviluppare il Piano di Emergenza Planetaria, e per promuovere il messaggio del Club sulla "Emergenza dall'emergenza", l'idea che la nostra situazione attuale sia al tempo stesso un urgente richiamo all'azione e un'opportunità di trasformazione senza precedenti. L'accesso politico di alto livello della piattaforma e gli sforzi dal basso verso l'alto, a livello locale, sostengono l'obiettivo finale di alto livello di una Dichiarazione e di un Piano di Emergenza Planetaria da adottare da parte dei leader globali entro la fine del 2020, ora che la connessione tra natura, cambiamento climatico e salute delle persone è ancora più significativa.
Mostra il tuo supporto per il nostro invito all'azione fornendo i tuoi dati:
Si prega di compilare i seguenti campi:• Nome
• Titolo
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Chiamata all'azione da parte del partenariato per le emergenze planetarie
 

PREMIO 2019 "SOTTO il MURO dei 100 KG" Comuni Emilia-Romagna Verso Rifiuti Zero

https://rifiutizeroer.blogspot.com/p/premio-2019-comuni-er-sottomuro-100-kg.html

COMUNI ER RIFIUTI ZERO
PREMIO 2019 SOTTOMURO 100 KG
SOLIERA 22/02/2020

SLIDESHOW PREMIO 2019

Verso rifiuti zero: la sfida ad Hera e Regione

SLIDESHOW REPORT GRADUATORIA

PROGRAMMA

VISUALIZZA E SCARICA (PDF) IL REPORT "GRADUATORIA 2019"
Comuni Emilia-Romagna Sotto i 100 Kg"

SLIDE RIFIUTI ZERO ER SOTTO MURO 100KG SOLIERA 22-02-2020

SLIDE AIMAG SOTTO MURO 100KG SOLIERA 22-02-2020

SLIDE ALEA SOTTO MURO 100KG SOLIERA 22-02-2020

SLIDE COMUNE SOLIERA SOTTO MURO 100KG 22-02-2020

 

 

 


COMUNICATO STAMPA ACQUA-RIFIUTI DOMANDE-RISPOSTE CANDIDATI ELEZIONI REGIONALI EMILIA-ROMAGNA 2020

COMUNICATO STAMPA

Il Coordinamento regionale comitati acqua pubblica Emilia-Romagna e la Rete Rifiuti Zero Emilia-Romagna in occasione delle elezioni regionali del 26 p.v. hanno avanzato ai candidati alla presidenza della Regione e a tutte le forze politiche che si presentano una serie di punti sulla gestione di acqua e rifiuti su chi hanno chiesto una risposta di merito.

Nel metodo si chiedeva di istituire un tavolo di confronto con i due movimento per l’intera legislatura e nel merito si chiedeva di sostenere la proposta proposta di legge regionale che mira a favorire la ripubblicizzazione di questi due servizi e a procedere sulla base del principio di sussidiarietà per ridare potere decisionale ai comuni, uno stop alle maxigare per favorire la ripubblicizzazione, una politica di rigorosa tutela e di risparmio della risorsa idrica, il rispetto dell’esito referendario sull’acqua pubblica e il sostegno alla proposta nazionale di ripubblicizzazione, una politica di exit strategy dall’incenerimento, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas climalterante, attraverso la raccolta porta a porta, tariffa puntuale, selezione del rifiuto residuo, incentivo alle pratiche di riduzione e di riuso alla qualità delle raccolte differenziate, il compostaggio domestico, di comunità e di prossimità, alla ricerca sulle tecnologie di riciclaggio, la premialità ai comuni e aziende virtuose, l’uso dei fondi europei le l’economia circolare e verde, gli acquisti verdi, nonchè la totale trasparenza e l’accesso ai dati su acqua e rifiuti garantito a tutti.

Dei 7 candidati a presidenti hanno risposto con parere positivo sostanziale sui diversi punti:
•    Simone Benini candidato del M5S
•    Stefano Lugli candidato per L’Altra Emilia-Romagna
•    Marta Collot candidata per Potere al Popolo 


Delle forze politiche hanno risposto:
•    Europa Verde lista che si presenta nella coalizione di centro sinistra con risposta positiva e con impegno a portare avanti le istanze all’interno della coalizione;
•    la lista 3V Vaccini Vogliamo Verità, lista che si presenta da sola e la cui risposta positiva presumibilmente vale anche per il candidato presidente Domenico Battaglia;
•    per la Lista Coraggiosa del centro sinistra hanno risposto i candidati Igor Taruffi, consigliere uscente di SI e già firmatario della proposta di legge, e Edward Jan Necki ambedue con risposta positiva.


Si fa presente che la proposta di legge dei nostri due movimenti era stata già sottoscritta sia dal capogruppo del M5S che da consiglieri regionali appartenenti ai gruppi di Sinistra Italiana, l’Altraemiliaromagna e Misto.

Nessuna Risposta è pervenuta da:
•    Stefano Bonaccini candidato della coalizione del centro sinistra,
•    Lucia Bergonzoni candidata della coalizione di centro destra,
•    Laura Bergamini candidata del Partito Comunista.

Inoltre:
•    Nessuna delle liste del centro destra (Lega, FdI, FI, Lista Bergonzoni, Popolo delle Famiglia, Giovani Ambiente) ha dato una risposta.
•    Nella coalizione del centro sinistra non hanno risposto PD, Lista Bonaccini, + Europa e Volt.


21 gennaio 2020
PS: per ogni ulteriore approfondimento, il documento dei comitati con le domande ai candidati e alle forze politiche e le risposte ricevute si rinvia al seguente link: https://rifiutizeroer.blogspot.com/2020/01/comunicato-stampa-acqua-rifiuti-domande.html


RISPOSTE RICEVUTE (in PDF):
M3V
Simone Benini M5S ER
Marta Callot Potere al Popolo
Europa Verde Emilia-Romagna
Edward Jan Necki Emilia-Romagna Coraggiosa
Stefano Lugli L'Altra Emilia-Romagna
Igor Taruffi Emilia-Romagna Coraggiosa

















 
Movimento 3V
Vaccini Vogliamo Verità
  Simone Benini MoVimento 5 Stelle Emilia-Romagna
  Marta Callot
Potere al Popolo
  Europa Verde
Emilia-Romagna
  Edward Jan Necki Emilia-Romagna Coraggiosa
  Stefano Lugli
L'Altra Emilia-Romagna
  Igor Taruffi
Emilia-Romagna Coraggiosa

Acqua-rifiuti: domande ai candidati governatori e liste elezioni regionali 2020 per l'Emilia-Romagna

 
Il Coordinamento Comitati Acqua Pubblica e la Rete Rifiuti Zero dell'Emilia Romagna che hanno promosso una legge su acqua-rifiuti già depositata in Regione, chiedono ai candidati alla Presidenza della Regione Emilia Romagna e alle forze politiche che partecipano alla competizione elettorale un impegno a istituire un tavolo permanente di confronto con i due Movimenti e di prendere posizione sulla proposta di legge e su una serie di problematiche relative alle due tematiche elencate nel documento che segue "Acqua-rifiuti: domande ai candidati governatori e liste elezioni regionali 2020 per l'Emilia-Romagna"
(vedi anche allegato in Pdf)
.
(VEDI COMUNICATO STAMPA E RISPOSTE RICEVUTE DA CANDIDATI E GRUPPI POLITICI PER LE ELEZIONI REGIONALI 2020)

Si chiede di far pervenire una risposta scritta di merito entro il 18 gennaio all'indirizzo mail:
e/o all'indirizzo mail di:
Corrado Oddi – Coordinamento Comitati Acqua Pubblica corrado.oddi131157@gmail.com
Natale Belosi - Rete Rifiuti Zero ER natbel@libero.it
Per eventuali contatti:
Corrado Oddi: 342 921 8650 - Natale Belosi: 333 790 8292

Acqua-rifiuti: domande ai candidati governatori e liste elezioni regionali 2020 per l'Emilia-Romagna

Siamo a più di 8 anni dai referendum per l’acqua pubblica e sui servizi pubblici locali. In Emilia Romagna i risultati furono i seguenti: 
1. Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione
Votanti
2.148.515
64,15%
2.013.112
95,03%

2.Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito - Abrogazione parziale di norma
Votanti
2.148.745
64,16%

2.025.958
95,41%

Nonostante i risultati fossero chiari, né i governi e parlamenti nazionali, né la giunta regionale e l’assemblea legislativa,  hanno operato per corrispondere alla volontà maggioritaria dei cittadini.
A livello nazionale, la discussione sulla proposta di legge Daga, che riprende le proposte del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e dà coerente applicazione all’esito referendario, è sostanzialmente ferma alla Camera dei deputati, mentre la nuova regolazione tariffaria sul servizio idrico costruita da ARERA ha reintrodotto da diversi anni la remunerazione del capitale investito, seppure con un’altra definizione lessicale, che ha peraltro prodotto notevoli aumenti tariffari.
Il tema dell’acqua bene comune continua ad essere elemento strategico, indicatore delle scelte di fondo di un’idea di modello sociale e di convivenza, elemento decisivo ai fini della qualità della vita dei cittadini, della tutela e salvaguardia dell’ambiente, della conservazione del patrimonio ambientale per la sopravvivenza delle future generazioni. In quanto risorsa essenziale per la vita, ancor più soggetta ad aggressione e scarsità nell’attuale situazione di cambiamento climatico, essa non può soggiacere a logiche di mercato e di profitto; il servizio idrico va quindi orientato al perseguimento di finalità pubbliche e gestito attraverso la partecipazione dei cittadini che usufruiscono di esso e dei lavoratori che lo producono. Va inoltre sottolineato come i temi della gestione del servizio idrico, e più in generale del ciclo integrale dell’acqua, siano elementi strategici per una regione come l’Emilia-Romagna che sta dimostrando evidenti fragilità sia sul piano ambientale che del dissesto idrogeologico (cambiamento del clima, frane, allagamenti, conseguenze della cementificazione e dell’impermeabilizzazione del suolo).
Per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti, consapevoli che il livello medio di vita degli italiani, oltre che del Nord del mondo, è insostenibile  dato che stiamo consumando il 280% delle risorse messe nostra a disposizione dal pianeta, e che l'Italia è un paese con scarse risorse prime e quindi in gran parte dipendente dalle importazioni, la politica sui rifiuti va intesa come una politica per rendere al massimo efficiente i processi produttivi e di consumo, in modo da ridurre al massimo il consumo di risorse, e comunque entro i limiti di quelli messi a disposizione dal pianeta, ridurre al massimo la produzione di rifiuti, reimmettere come materia nei cicli produttivi quegli scarti che non possono essere evitati, ricercare tutte le soluzioni tecniche perché gli scarti non riciclabili siano ricondotti a zero. Una legge di iniziativa popolare in tal senso è depositata ma ignorata in parlamento.
Occorre che la normativa e i piani regionali di gestione dei rifiuti, come ormai prevede anche la normativa europea, prevedano una exit strategy dall'incenerimento (perché strumento di spreco di materia non più riutilizzabile, con limitato recupero energetico ma con emissioni di CO2 nettamente superiore al mix energetico nazionale), e un'uscita dalle discariche, il cui uso residuo deve essere inteso come deposito temporaneo di rifiuti per un successivo utilizzo nel momento in cui le nuove tecnologie ne permetteranno l'uso ai fini della reimmissione nei cicli produttivi. Avviando già da ora gli impianti di trattamento realizzabili con veri distretti del riciclo per le diverse materie prime seconde.
Sotto questo aspetto il criterio principale di giudizio per la gestione efficiente dei rifiuti, la "minimizzazione dei rifiuti non inviati a riciclaggio" (art. 4 comma 1 legge regionale ER n. 16/2015), che sostituisce l'obsoleto criterio di raccolta differenziata, va sostenuto, aggiornato sulla base di quanto previsto dalle nuove direttive sull'economia circolare (per riciclaggio si intende quanto effettivamente riciclato al netto degli scarti), assunto come punto di riferimento per il prossimo aggiornamento del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, per i meccanismi di incentivazione disincentivazione, per l'elaborazione di tutti i dati e per la comunicazione delle performances a livello regionale.

Relativamente agli aspetti istituzionali, si scelse nel dicembre del 2011 di varare la legge regionale che sopprimendo gli ATO territoriali, sottraeva i poteri decisionali dai comuni consegnandoli al consiglio di Ambito di ATERSIR. 
Inoltre anche a livello proprietario le aziende concessionarie del servizio come ad esempio HERA, vede il costante ridimensionamento della parte pubblica che oggi è circa del 46,6% a fronte di un 53,4% in mano ai privati.
Forte è quindi l’asimmetria fra il gestore e i singoli comuni e anche con ATERSIR.
ATERSIR, Sta impiegando oltre 7 anni dalla scadenza per definire i nuovi affidamenti, un tempo enorme, e la sua struttura operativa non riesce a garantire il normale esercizio, di fronte alle numerose incombenze su acqua e rifiuti.
Per questo il Coordinamento dei Comitati per l’acqua bene comune Emilia Romagna e la RETE Rifiuti Zero, hanno avanzato la proposta di una legge regionale che riorganizzi complessivamente ATERSIR, rafforzando la parte tecnica e organizzativa e restituendo ai territori ed ai comuni la potestà decisionale, e configurando strumenti economici per favorire i processi di ripubblicizzazione del servizio idrico e dei rifiuti, in particolare alla scadenza degli affidamenti. La proposta di legge è stata presentata da diversi consiglieri regionali nel maggio scorso.

Riteniamo quindi che le forze politiche e i candidati governatori partecipanti al processo elettorale, debbano esprimersi preventivamente ed impegnarsi sia se avranno funzioni di governo, sia se saranno all’opposizione, dichiarando la loro volontà e prendendo una posizione scritta, favorevole, contraria o articolata, sui temi qui sotto elencati:

  1. Nel metodo, un impegno ad istituire da subito un tavolo permanente di confronto tra la Giunta regionale e i movimenti per l’acqua e i rifiuti per discutere preventivamente le politiche e i provvedimenti che si intendono mettere in campo in questi ambiti e per seguirne gli sviluppi nell'intero arco della legislatura.
  2. sostenere la proposta di legge nazionale di iniziativa popolare del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua finalizzata alla ripubblicizzazione del servizio idrico e ripresa pressochè integralmente nel testo presentato dall’on. Daga, che si basa sulla gestione del servizio idrico effettuata tramite Enti di diritto pubblico, in particolare le Aziende speciali, superando ogni forma gestionale svolta da SpA, e sull’eliminazione del profitto garantito presente nelle tariffe, anche attraverso l’abrogazione di ARERA;
  3. attivarsi per l'eliminazione della remunerazione del capitale investito, e cioè il profitto garantito, nelle tariffe del servizio idrico, che, sulla base della regolazione tariffaria di ARERA, oggi arriva a circa il 5,3% di rendimento garantito, seppure denominata in altro modo, nonostante il chiaro pronunciamento referendario del 2011 che l'ha abrogato;
  4. sostenere la proposta di legge presentata da diversi consiglieri regionali nel maggio 2019 e da due Comuni  in materia di gestione pubblica e organizzazione del servizio idrico e di gestione dei rifiuti in Emilia-Romagna, laddove prevede l’abrogazione della struttura politica centralizzata di Atersir e il passaggio delle sue funzioni fondamentali a Ambiti Territoriali ottimali di tipo provinciale, sulla base del principio di sussidiarietà e riportando la fase decisionale più vicina ai cittadini con processi partecipativi della popolazione e dei lavoratori del settore.
  5. poiché molti affidamenti sulla gestione dei rifiuti e acqua sono scaduti ma non riassegnati e molti altri sono in scadenza nel giro di pochi anni, tenendo conto che la scadenza delle concessioni è il momento più favorevole per procedere alla ripubblicizzazione, sostenere la proposta di legge regionale su acqua e rifiuti laddove prevede di favorire processi di ripubblicizzazione che i comuni decideranno, anche attraverso appositi fondi di investimento e garanzia. Ciò presuppone anche che vengano sospese le gare in corso sull’affidamento del servizio idrico e di gestione dei rifiuti;
  6. istituire un tavolo permanente regionale coi rappresentanti dei movimenti acqua e rifiuti e a livello territoriale tavoli partecipativi per studiare sin da adesso la fattibilità della ripubblicizzazione del servizio idrico e di quello dei rifiuti e per seguire e intervenire sull'evoluzione della loro gestione;
  7. promuovere politiche di tutela della risorsa idrica e di gestione del territorio e dell’ambiente e avviare processi di investimento pubblico diffusi sul territorio al fine di sviluppare lavoro e tecnologie innovative per migliorare la qualità ambientale del territorio, e ridurne la fragilità;
  8. rafforzare l'incentivo ai sistemi di raccolta che minimizzano tutti i rifiuti non riciclati (rifiuto residuale, raccolte differenziate a discarica o incenerimento, scarti delle raccolte differenziate), penalizzando quelli a minore efficacia. Promuovere la tracciabilità di tutti i rifiuti. Introdurre incentivi basati sulla maggiore purezza merceologica delle raccolte differenziate per minimizzare gli scarti, e introdurre differenziazioni di costo al trattamento su questo criterio, e un monitoraggio continuo sulla qualità delle raccolte differenziate. Introdurre la premialità ai Comuni che praticano la tariffa puntuale, in particolare a quelli che l'applicano su più frazioni, e la penalizzazione di quelli che non l'hanno applicata nei tempi previsti dalla legge 15/2015;
  9. introdurre la selezione del rifiuto residuo ai fini di un ulteriore recupero di materia e per togliere le plastiche dai rifiuti destinati a incenerimento e programmare una exit strategy dall'incenerimento entro il 2030 ai fini della lotta ai cambiamenti climatici;
  10.  creare una struttura di supporto per i Comuni che vogliono ripubblicizzare il servizio di raccolta. Impedire forme di monopolio del trattamento e riciclaggio dei rifiuti come attualmente per il compostaggio. In questo quadro, occorre pensare anche alla possibile separazione tra gestione del servizio di raccolta dei rifiuti da quello di gestione del trattamento e smaltimento dei rifiuti, prevedendo per la prima grandezze dei bacini conformi alle indicazioni dell’Autorità per la concorrenza;
  11. rivedere, con fondi dei PSR Europei, con fondi Regionali o con prelievi da Tariffa, finanziamenti importanti per la costruzione di impianti in grado di riutilizzare le frazioni raccolte in maniera differenziata. Incentivare e favorire le produzioni che utilizzano materiali riciclati. Avviare altresì ricerche, con l’università e le aziende, per individuare i prodotti non riciclabili ed agire successivamente per la loro riprogettazione in prodotti riciclabili; prevedere meccanismi di premialità per le Aziende che negli anni riducono i loro rifiuti indifferenziati e migliorano la qualità delle frazioni differenziate, finanziando tale misura con un incremento della tassa sullo smaltimento dei rifiuti speciali;
  12. incentivare e pianificare l’autocompostaggio, il compostaggio di comunità e il compostaggio di piccola scala. Individuare un obiettivo indicativo del 30% dei rifiuti organici che possono essere trattati con queste metodiche. Promuovere impianti di trattamento dei rifiuti organici in ogni provincia, con dimensioni massime indicativamente di 30.000 ton/anno trattate, coinvolgendo, nella loro realizzazione e gestione, le realtà agricole. A tal fine si dovranno prevedere degli appositi incentivi rivolti agli agricoltori che desiderano realizzare questi impianti. Stabilire pertanto la seguente gerarchia nella pianificazione della gestione della frazione organica dei rifiuti: prevenzione, autocompostaggio, compostaggio di comunità, compostaggio locale e di piccola scala, impianti di trattamento della frazione organica provinciali di massimo 30.000 ton/anno;
  13. monitoraggio degli acquisti di tutti gli Enti pubblici per obbligarli a fornirsi esclusivamente di prodotti derivanti dal riciclo, nonché nell’utilizzo del compost nei giardini e parchi pubblici; ridare nuovo impulso a quanto previsto dalla legge regionale 16/2015 su riuso e riduzione dei rifiuti attraverso l'attuazione dei centri comunali del riuso da collocarsi presso i centri di raccolta, incentivando la distribuzione di prodotti sfusi (acqua, vino, detersivi, latte, ecc.) e tutti gli altri progetti di riduzione; divieto di utilizzo della plastica e degli oggetti usa e getta nelle mense scolastiche, ospedaliere e sociosanitarie convenzionate, nonché nelle feste pubbliche; in particolare dovrà diventare obbligatoria nelle scuole e nei locali degli Enti pubblici l’uso di distributori di acqua e di borracce; dovrà essere obbligatoria, o comunque fortemente consigliata e incentivata, una campagna di informazione e/o formazione nelle Scuole e nelle Associazioni di Volontariato convenzionate;
  14. attuare una completa trasparenza dei dati relativi alla produzione dei rifiuti, con accesso continuo alla visione dei dati ORSO a tutti, l'obbligo ai gestori di mettere in rete i dati della loro produzione della destinazione dei rifiuti raccolti, dei costi e dei ricavi sostenuti. I rendiconti gestionali dovranno essere messi in rete entro il giugno dell'anno successivo.
Coordinamento regionale comitati acqua pubblica Emilia-Romagna
Rete rifiuti zero Emilia-Romagna
Il documento è condiviso anche da AIC ( Associazione Italiana Compostaggio)