Data: 23 Febbraio 2021Redazione La Pressa
Arriva lo stop dall’Europa all’utilizzo
dei fondi strutturali per finanziare nuovi inceneritori e discariche,
parte finale del ciclo indifferenziato dei rifiuti
Arriva lo stop dall’Europa all’utilizzo dei
fondi strutturali per finanziare nuovi inceneritori e nuove discariche,
ovvero la parte finale del ciclo indifferenziato dei rifiuti. La
notizia era nell’aria da tempo ma ora c’è l’ufficialità: dopo un ampio
confronto sono stati approvati i testi finali sui criteri di impiego del
Just Transition Fund (Jtf) e dei nuovi criteri per i fondi regionali
del Cohesion Fund. Un risultato epocale, che sarà applicato al periodo
2021-2027 e riguarderà tutti gli Stati membri, con particolare
attenzione alle comunità meno sviluppate.
Fino a qualche anno fa -
come spiega Enzo Favoino - i Fondi regionali, impiegati per le aree più
arretrate e spesso anche per le regioni del Sud Italia, andavano
soprattutto ai gradini più bassi della gerarchia dei rifiuti, ovvero
discariche e inceneritori, rendendoli irragionevolmente convenienti. Ora
invece sul capitolo rifiuti i fondi andranno ai livelli superiori della
gerarchia, inclusi non solo riciclo e compostaggio, ma anche azioni
intese a riduzione e riuso”.
In pratica la UE ha deciso
finalmente di spostare gli incentivi dall’incenerimento e discariche dei
rifiuti, fase terminale dello smaltimento, al recupero dei rifiuti,
fase iniziale, con il fine di ridurre drasticamente il quantitativo al
fine di realizzare l’economia circolare.
Alcune osservazioni importanti estrapolate dal testo approvato il 10 febbraio 2021:
a)
considerando che la transizione verso un'economia circolare svolge un
ruolo fondamentale nella riduzione delle emissioni di gas a effetto
serra dell'UE e nel conseguimento dell'obiettivo dell'Unione per il 2030
in materia di clima e dell'obiettivo dell'azzeramento delle emissioni
nette di gas a effetto serra al massimo entro il 2050, e richiede una
profonda trasformazione delle catene del valore in tutta l'economia;
b)
considerando che fino all'80% dell'impatto ambientale dei prodotti è
determinato nella fase della progettazione e che solo il 12% dei
materiali utilizzati dall'industria dell'UE proviene dal riciclaggio;
c)
considerando che si stima che ogni anno nell'UE siano generati 88
milioni di tonnellate di rifiuti alimentari e che oltre il 50 % dei
rifiuti alimentari provenga dalle famiglie e dai consumatori; che i
rifiuti alimentari hanno un considerevole impatto ambientale, pari a
circa il 6 % delle emissioni totali di gas a effetto serra dell'UE;
d)
considerando che la plastica crea preoccupazioni ambientali se non è
gestita correttamente, come la dispersione nell'ambiente, la difficoltà
di riutilizzo e riciclaggio, le sostanze che destano preoccupazione, le
emissioni di gas a effetto serra e l'uso delle risorse;
e)
considerando che, secondo le stime dell'Agenzia europea dell'ambiente
(AEA), tra il 1996 e il 2012, la quantità di indumenti acquistati per
persona nell'UE è aumentata del 40 %, mentre allo stesso tempo oltre il
30 % di indumenti presenti nei guardaroba in Europa non è stato
utilizzato per almeno un anno; che, inoltre, una volta gettati, oltre la
metà degli indumenti non viene riciclata, ma finisce nei rifiuti
domestici indifferenziati e successivamente inviata agli inceneritori o
alle discariche;
f) è necessario dissociare completamente la
crescita dall'uso delle risorse; invita la Commissione a proporre
obiettivi dell'UE vincolanti, scientificamente fondati, di breve e lungo
termine, relativi a una riduzione dell'uso delle materie prime primarie
e degli impatti ambientali; chiede che gli obiettivi dell'UE siano
stabiliti tramite un approccio a ritroso, onde assicurare che gli
obiettivi strategici seguano un percorso credibile verso un'economia
neutra in termini di emissioni di carbonio, sostenibile sotto il profilo
ambientale, priva di sostanze tossiche e pienamente circolare entro i
limiti del pianeta, entro il 2050;
g) invita la Commissione a
proporre obiettivi dell'UE vincolanti all'orizzonte 2030, al fine di
ridurre in misura significativa l'impronta dei materiali e l'impronta
dei consumi dell'UE e portarle, da qui al 2050, entro i limiti del
pianeta, utilizzando gli indicatori che dovranno essere adottati entro
la fine del 2021 come parte del quadro di monitoraggio aggiornato;
invita inoltre la Commissione a basarsi sugli esempi stabiliti dagli
Stati membri più ambiziosi, tenendo in debito conto le loro differenze
in termini di punti di partenza e di capacità;
h) esorta la
Commissione a introdurre entro il 2021 indicatori di circolarità
armonizzati, comparabili e uniformi, che comprendano indicatori relativi
all'impronta dei materiali e all'impronta dei consumi nonché una serie
di sottoindicatori sull'efficienza delle risorse e i servizi
ecosistemici; precisa che questi indicatori dovrebbero misurare il
consumo di risorse e la produttività di queste ultime, includendo le
importazioni e le esportazioni a livello dell'UE, degli Stati membri e
dell'industria, nonché essere coerenti con metodologie armonizzate di
valutazione del ciclo di vita e di contabilizzazione del capitale
naturale; aggiunge che dovrebbero essere applicati in tutte le politiche
dell'Unione e a livello degli strumenti finanziari e delle iniziative
di regolamentazione;
i) sottolinea la necessità di creare
incentivi economici e il giusto contesto normativo per l'innovazione
nelle soluzioni, nei materiali e nei modelli di business circolari,
eliminando nel contempo le sovvenzioni che creano distorsioni del
mercato e quelle dannose per l'ambiente, e chiede di sostenere questo
aspetto nella nuova strategia industriale per l'Europa e nella strategia
per le PMI; mette in evidenza il ruolo specifico che i 'first mover',
le piccole e medie imprese (PMI) e le start-up stanno svolgendo nella
transizione verso un'economia circolare; sottolinea che la ricerca sui
materiali, i processi, le tecnologie e i prodotti sostenibili, nonché
sulla loro espansione industriale, può fornire alle aziende europee un
vantaggio competitivo a livello mondiale; sottolinea che sono necessarie
politiche rigorose a livello nazionale e dell'UE per sostenere le
industrie all'avanguardia nell'economia circolare e i modelli aziendali
circolari;
j) sottolinea la necessità di trasformare
l'economia lineare basata sulla formula 'prendere-produrre-smaltire' in
un'economia realmente circolare, basata sui seguenti principi: riduzione
dell'uso dell'energia e delle risorse; mantenimento del valore
nell'economia; prevenzione dei rifiuti; progettazione senza rifiuti,
priva di sostanze nocive e non inquinante; mantenimento in uso e in
circuiti chiusi di prodotti e materiali; protezione della salute umana;
promozione dei benefici per i consumatori; rigenerazione dei sistemi
naturali; sottolinea che questi obiettivi dovrebbero orientare il nuovo
quadro strategico in materia di prodotti sostenibili come anche la
strategia per l'economia circolare nel suo complesso, e la strategia
industriale; sottolinea altresì la necessità di integrare pienamente il
concetto di sistema circolare sostenibile in tutte le attività, ivi
compresi politiche, prodotti, processi di produzione e modelli
aziendali;
k) invita la Commissione a proporre obiettivi
vincolanti in materia di impronta dei materiali e ambientale per
l'intero ciclo di vita dei prodotti per ogni categoria di prodotto
immessa sul mercato dell'UE, ivi compresi i prodotti semilavorati a più
alta intensità di carbonio.
Con questa risoluzione si
conclude un'era ed è ora possibile leggere la volontà espressa dalla UE,
di imprimere una netta svolta al fine di realizzare quella economia
circolare tanto auspicata e frutto spesso di dati falsati, comunicati
alla stessa UE, dai paesi membri, al solo fine di attingere ai fondi per
lo smaltimento.
L’inversione avviene proprio sul piano finanziario,
definendo l’impronta della materia utilizzata, e dirottando i
finanziamenti non più allo smaltimento (inceneritore o discarica) ma
all’inizio della filiera, sul prodotto stesso.
Ora non resta che
osservare come questo atto che riguarda le politiche comunitarie
2021-2027 in materia, viene ad essere applicato, certamente da un punto
di vista politico, cessano i ruoli delle discariche e degli inceneritori
come strumenti di “tutela ambientale e strutture strategiche”, ma
coesistono gli interessi relativi allo smaltimento spesso con legami
pubblici tra società per azioni quotate in borsa e Enti pubblici,
intermediati da agenzie territoriali. Sarà interessante ora vedere come
in tale contesto, regioni vincolate e descritte egregiamente dalla
delibera ANAC 626/2017, riguardante in quel caso la Regione Emilia
Romagna, potranno districarsi vista anche la qualità dell’aria ormai
fuori limite.
Altro aspetto ma non meno rilevante riguarda la
importazione di qualsiasi oggetto che non gode di nessuna impronta
ambientale e che spesso non rispetta neppure le basilari linee guida
sanitarie Europee, diventando rifiuto senza alcuna possibilità di
recupero ed alimentando lo smaltimento vecchia maniera, certamente
questo in un sistema globalizzato come l’attuale non può essere un
aspetto ignorato altrimenti si costruiscono castelli di carta e per
paradosso ci troveremmo a regolamentare un mercato produttivo UE
importando prodotti senza impronta dai paesi asiatici e che andremmo a
smaltire in inceneritori come avviene oggi.
Roberto Monfredini - Medicina democratica - ISDE medici per l’ambiente
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